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Candide come la neve, rosse come il fuoco: il foraging nell'Abruzzo imbiancato

Data:

11 gennaio 2020

Tempo di lettura:

2 min

Argomenti
  • Flora
  • Natura e panorami mozzafiato
  • Inverno

Descrizione

A primavera è dolce la rosa selvatica, l'estate profuma dei suoi petali in fiore, ma attendi il ritorno dell'inverno e chi allora la chiamerà bella... (Emily Bronte)

Titolo del Paragrafo
Il foraging nell'Abruzzo imbiancato
Immagine Paragrafo
rosa canina
Descrizione Paragrafo

Lenti i passi sulla morbida neve ...  il "foraggere" è colui che pratica "foraging", l'arte antica di raccogliere erbe, fiori, bacche e tutto quanto di commestibile  cresce spontaneamente nella natura incontaminata: una necessità legata alla ricerca di cibo nella tradizione rurale, divenuta oggi una pratica di guarigione psicologica, di benessere alimentare. Il foraging è proposto come "esperienza" nei parchi e nelle riserve abruzzesi e il "pane dei boschi" è diventato prodotto di nicchia, proposto dagli chef stellati.

In gennaio in Abruzzo, si va in cerca, tra gli alberi e gli arbusti imbiancati, di macchie di vivido rosso: le lucide bacche di rosa canina, o selvatica (in Abruzzo chiamata Rosa cacacciara, Rosa pazza, Rosa spina, Rosa di fratta, Rosa scacaciosa , Rosa scocozza) avvolte da gelidi cristalli. La leggenda racconta che tali rose nacquero sopra un cespuglio dove Bacco rubò l'amore ad una Ninfa dei Boschi che tentò di sfuggirgli. Il suo nome deriva dal greco kynorrhodon (rovo dei cani) perché impiegata anticamente per curare la rabbia. Plinio il Vecchio  nel suo Naturalis Historia,  descrive la guarigione di un soldato malato di rabbia grazie ad un decotto a base di rosa selvatica, che, per tale utilizzo fu definita "canina" nel 1753 da Linneo, nel suo trattato di classificazione delle specie botaniche. 

La rosa canina, è un concentrato di vitamine, soprattutto C: un etto di bacche ne contiene la stessa quantità di un chilo di agrumi, ha proprietà curative e si presta ad utilizzi molteplici. É essenziale che la raccolta venga iniziata in inverno inoltrato, dopo le prime gelate, quando le bacche sono  morbide, raggrinzite e mature ed è più facile lavorarle. 

Oltre che per uso alimentare per marmellate, decotti, tisane, per uso curativo per infusi o tinture madri, per uso cosmetico in crema contro l'invecchiamento cutaneo, i cinorroidi (le Bacche) vengono utilizzati per la preparazione di un liquore profumatissimo, forse meno noto rispetto ad altri digestivi abruzzesi come la genziana, ma non meno gustoso e prelibato.

Per prepararlo occorrono 100 grammi di bacche, la scorza di un limone non trattato, 1litro di alcool, 400 grammi di zucchero, 1 foglia di alloro, 2 chiodi di garofano (opzionali).

I cinorroidi, in dialetto abruzzese Cacaviasce, Caccabelli, Sforzanculo, Caccamusce, vanno tagliati a metà per privarli dei semi e quindi messi a macerare in un vaso di vetro per 40 giorni, mescolandoli ogni giorno. Il liquido viene quindi filtrato molto bene per eliminare tutti i residui. Infine si prepara lo sciroppo aggiungendo 800 grammi di acqua allo zucchero che andrà sciolto in un pentolino. Si unisce lo sciroppo freddo al liquido filtrato e si lascia riposare per altri 60 giorni. Passato questo tempo va nuovamente filtrato ed è pronto per la degustazione.

Etichetta

  • Natura
Ultimo aggiornamento

08/05/2024, 10:51

Pubblicato da Laura Toppeta