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Interamnia Praetutiorum -Teramo

Interamnia, la moderna Teramo, fu il principale centro dei Pretuzi. Il nome romano (significa "posta tra i fiumi") è dovuto alla posizione della città, su un promontorio limitato da tre corsi d'acqua.

Il territorio dei Pretuzi entra nella sfera di espansione romana a partire dalla guerra contro i Sabini del 290 a.C., e nel 241 viene incluso nella tribù Velina.

Dell'abitato preromano  non rimane praticamente nulla, fatta eccezione per i resti di una necropoli dell'età del ferro. Il materiale delle tombe, tutte a inumazione, è conservato nel locale Deposito del Museo Archeologico e nella Biblioteca Melchiorre Delfico. La sovrapposizione della città medievale e moderna a quella antica, e la scarsità dei reperti, rendono difficile la ricostruzione dell'impianto urbano, che era probabilmente distinto in due settori: la parte orientale è la più antica, corrispondente al sito del municipio, quella occidentale va identificata con l'impianto della colonia sillana che qui fu dedotta dopo la prima guerra civile e convisse a fianco al municipio.

Proprio nella zona occidentale si trovano i principali edifici pubblici conservati: il teatro e l'anfiteatro. Scavi realizzati all'inizio del secolo e ripresi di recente hanno liberato gran parte delle strutture del teatro, il monumento meglio conservato della Teramo romana. La cavea, del diametro di circa 78 m, poteva ospitare circa 3000 spettatori ed era sostenuta da una struttura interamente artificiale, in opera quadrata e cementizia. La facciata esterna doveva presentare in origine due piani sovrapposti, dei quali si conserva gran parte di quello inferiore, costituito da arcate su pilastri in opera quadrata. Le volte che sostenevano la cavea erano in opera cementizia. Della scena e dell'orchestra è scavato solo il tratto orientale. Il pulpitum (cioè l'alzato del palcoscenico) è decorato con nicchie alternativamente di pianta rettangolare e semicircolare (una sola delle quali è visibile).

La ricca decorazione della scena, insieme ai caratteri architettonici ed edilizi, fanno presupporre una datazione dell'edificio ai primi decenni dell'età augustea (30-20 a.C.). Si tratta di una serie di cornici con mensole e di frammenti di capitelli, oltre ai resti di una grande iscrizione non decifrabile e a una statua femminile in marmo, acefala. Di dimensioni piuttosto ridotte  l'anfiteatro utilizzava forse in parte le pendici di una vicina collina.

Nel 1979, l'anello esterno, unica parte conservata, è stato liberato dai resti delle costruzioni moderne che lo ricoprivano. Si tratta di un muro in laterizi, ad anelli via più stretti verso l'alto, sull'ultimo dei quali aggettano delle lesene. Il monumento è certamente di età imperiale, probabilmente databile alla seconda metà del I secolo d.C. .

I resti della Domus del leone, abitazione di età repubblicana arricchita da pavimenti a mosaico apparvero nel 1891, durante i lavori di ristrutturazione della casa Savini in Corso Cerulli. Dall'ingresso si accedeva ad un grande atrio rettangolare pavimentato con mattoncini posti a spina di pesce.

L'atrio ha un pavimento a mosaico, con lastrine di pietre colorate disposte irregolarmente. Dall'atrio si accedeva al tablino, attraverso una soglia costituita da un mosaico policromo con la rappresentazione di un meandro prospettico. Il tablino è pavimentato con un ricco mosaico a cassettoni, decorati internamente da vari motivi. Il centro del pavimento è occupato da un quadretto (emblema) con un leone in lotta contro un serpente e tutt'intorno un motivo con quattro ghirlande. Lo stile e la tecnica dei mosaici permettono di datarli intorno alla metà del I secolo d.C., mentre le dimensioni eccezionali dell'atrio, la qualità delle decorazioni e la posizione della casa vicina al foro lasciano pensare alla dimora di un membro dell'aristocrazia locale, forse uno dei primi magistrati della colonia sillana.

Numerosi sepolcri sono stati scoperti in varie epoche lungo le strade che uscivano dalla città. La più importante è avvenuta casualmente nel 1961, quando, in località Ponte Messato, apparvero numerosi basamenti di sepolcri monumentali, con nucleo in cementizio e rivestimento in blocchi di travertino. In alcune tombe sono stati rinvenuti appliques figurate d'osso, parti di letti funerari bruciati nel rogo assieme al cadavere. I tipi edilizi, i dettagli architettonici e le iscrizioni, il rito funerario dell'incinerazione mostrano che si trattava di una necropoli iniziata in età tardorepubblicana, dopo la fondazione della colonia, e proseguita per gran parte del I secolo d.C..

Tra le tombe più grandi e più antiche, particolarmente importante è quella di un certo Sextus Histimennius, di cui è stata recuperata anche la statua marmorea, purtroppo acefala, e poi rubata, insieme ad altro materiale archeologico, da un magazzino del Comune.

Il materiale archeologico è conservato in parte al Museo Archeologico di Chieti, in parte presso il Museo Archeologico Comunale. Nel Deposito archeologico comunale sono riuniti i reperti provenienti dalle tombe dell'età del Ferro, gli elementi architettonici del teatro, vari ritratti e un gruppo di lastre architettoniche di terracotta con rappresentazioni di scene di commedia.

Il materiale epigrafico è in gran parte raccolto nell'atrio del Palazzo Comunale.

Comune di Teramo

L. Toppeta 04-02-2021

Teatro romano di Teramo, Di Interminatispazi - Opera propria, CC BY-SA 4.0

Mosaico del Leone, Domus del Leone, Palazzo Savini, pubblico dominio

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