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L'imbandigione rustica e la frittata angelica: Gabriele d'Annunzio ricorda il suo Abruzzo

Porto la terra d’Abruzzi, porto il limo della mia foce alle suole delle mie scarpe, al tacco...

Data:

22 febbraio 2024

Tempo di lettura:

3 min

Argomenti
  • Donne e uomini d'Abruzzo
  • Enogastronomia
Il simposio dei poeti, ph Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, CC_BY_3.0

Descrizione

Narratore, drammaturgo e poeta Gabriele d’Annunzio, “Vate” del Decadentismo italiano, Gabriele d'Annunzio visse una vita brillante, ricca di intense storie d'amore, avventure e duelli.

L'amore per la sua terra è sempre presente in lui riemergendo a tratti con proustiani momenti di intensa malinconia che nasce dal ricordo di sapori e profumi che rappresentano quanto di più autentico ha caratterizzato i suoi anni giovanili che lo legano agli affetti più cari, alla cura, al piacere di regalare piacere, alla condivisione, alla  convivialità.

Se i più conoscono le sue dediche alle delizie d'Abruzzo dai liquori come la mentuccia, la cerasella e l'Aurum, al parrozzo, a "Ii fiaduni" per la Pasqua che chiedeva di preparare alla sua governante pescarese nei suoi  telegrammi, al croccante e al capitone che chiede alla mamma per Natale, alla "purchette d'ore" che immagina cucinata da San Cetteo, al profumo del Forno Flaiano che ben descrive nelle Novelle della Pescara, un Gabriele d'Annunzio insolito racconta di una quasi mistica avventura vissuta cucinando per i propri fraterni amici.

Nel 1935 pubblica Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele d’Annunzio tentato di morire sotto lo pseudonimo di Angelo Cocles,  scritto qualche anno prima della sua morte. Nel libro il Vate ricorda la mistica esperienza che ebbe nel cucinare la frittata nella casa di tufo di Francesco Paolo Michetti, intravedendovi un'esperienza divina attraverso l'apparizione di un angelo.

Al "libro segreto" affida riflessioni e ricordi, tra i quali le giornate leggere e sature di arte, convivialità e poesia passate sulla spiaggia di Francavilla al Mare con i suoi fraterni amici.

 

Titolo del Paragrafo
L'arte della frittata
Immagine Paragrafo
angeli
Credits Immagine Paragrafo
Mattonella, Museo delle ceramiche di Castelli, sec. XVI 1500 / 1599
Descrizione Paragrafo

 "Chi conosce l’arte della frittata?.. io, io solo ... .Io mi vanto maestro insuperabile nell’arte della frittata per riconoscimento celestiale" 

... Nel bel tempo, in terra d’Abruzzi, a Francavilla su l’Adriatico, io vivevo coi miei fratelli d’arte accordati in una specie di fratria monda di ogni altra gente estranea, accordati e giurati a cucinare il pasto per turno.

In un pomeriggio di luglio ci attardavamo nella delizia del bagno e nella gara del nuoto, quando mi fu rammentato con le voci della fame toccare a me la cura dell’imbandigione rustica.

Non mancai di avvolgermi in una veste di lino rapita a Ebe e di correre verso la vasta dimora costruita di tufo e adornata di maioliche paesane.

Ruppi trentatré (sic) uova del nostro pollaio esemplare e, dopo averle sbattute con mano prode e sapiente, le agguagliai nella padella dal manico di ferro lungo come quel d’una nostra chitarra da tenzone o d’una tiorba del Bardella.

La grande arte si pare nel rivoltar la frittata per dar ugual cottura all’altra banda. Scarsa era la luce. Annottava. I nostri mezzi d’illuminazione erano incerti. Allora escii con la padella all’aria aperta, sul limitare del vestibolo di tufo. Scorsi l’armilla della nuova luna nel cielo glauco. Adunai la sapienza e il misurato vigore nelle mie braccia e nelle mani che reggevano il manico.

Diedi il colpo, attentissimo a ricevere la frittata riversa, ma la frittata non ricadde. Pensate con quale angoscia dubitai che per mio fallo si fosse spiaccicata sul tufo. Ero certo di aver questa volta superato me stesso. Guardai e riguardai. Nessuna traccia! Nel volgere gli occhi al cielo scorsi nel bagliore del novilunio la tunica e l’ala d’un angelo, mi feci di gelo.

L’angelo nel passaggio aveva colto la frittata in aria, l’aveva rapita, la sosteneva con le dita… la recava ai Beati, offerta di perfezione terrestre. Non imitava la dorata ritondità dell’aureola? In Paradiso, nel Cielo primo ell’è per i secoli dei secoli l’aureola di Sainte Omelette. In verità, a causa del fallimento del gesto tecnico e atletico di “voltarla”, la frittata era caduta due metri più in là, sbrindellandosi, e i quindici sodali che avrebbero dovuto gustarla rimasero a bocca asciutta… .

(“Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele D’Annunzio tentato di morire”, 1935). 

 

Ultimo aggiornamento

10/05/2024, 10:53

Pubblicato da Laura Toppeta