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Quel profumo di viole mammole: doni e giochi della Pasqua abruzzese

Le uova di Pasqua si preparavano nella Settimana Santa per farne dono e per impreziosire la tavola

Data:

19 marzo 2024

Tempo di lettura:

2 min

Argomenti
  • Pasqua in Abruzzo
ph PPD, CC-0

Descrizione

"le uova di Pasqua si tingono facendole bollire con le viole mammole, e poi con un ferro aguzzo ci si fanno dei disegni intorno, portando via il colore..." 

Delle ‘uova colorate’  si ha menzione in uno scritto della prima metà del 1200 dove si narra che un messo del Monastero benedettino di Santa Maria di Cinquemiglia, frazione di Castel di Sangro, si recava presso i contadini, nella mattina del Sabato Santo, per avere in dono le uova dipinte.

L'uovo come contenitore della vita che si affranca da ogni barriera, l'uovo cosmico da cui promana l'energia vitale,  osannato dalle più antiche civiltà, nel Cristianesimo diventa simbolo della Resurrezione, della vita che rinasce prepotente rompendo il guscio di pietra del sepolcro.

 

Titolo del Paragrafo
Un dono per amici, nemici o innamorati
Immagine Paragrafo
viole
Descrizione Paragrafo

In Abruzzo le uova di Pasqua si preparavano nella Settimana Santa per farne dono e per impreziosire il pranzo della Domenica  facendole bollire con acqua e fuliggine per renderle giallognole o con acqua e viole mammole per renderle violacee. 

Alla tintura semplice  si aggiungeva il disegno. Con una candela accesa si faceva colare la cera liquefatta intorno al guscio dell' uovo e con un temperino, o con qualunque ferro acuminato, si scalzava la cera fino a far ricomparire il guscio, disegnandovi foglie e fiori e figure, componendo una sorta di graffito, mettendole poi a bollire in una pentola con acqua e fuliggine o acqua e viole.

Così decorate le uova divenivano un dono per amici, nemici o innamorati e allora  il disegno riportava scritte allusive, ricordi, menzioni, dichiarazioni d'amore, quelle malriuscite finivano nelle tasche dei bambini nel Sabato Santo e nella mattina di Pasqua per giocare a cocce, a scucchitte o alla palla dell'ovo: due bambini stringevano nella mano destra un uovo e tiravano a sorte per sapere chi sarebbe stato il fortunato che avrebbe potuto rompere il guscio dell'altro. L' uovo che si rompeva diventava di proprietà di chi restava con quello intero. Se si rompevano entrambi, non vi era vincitore.

Negli ultimi tre giorni della Settimana Santa i bambini giocavano invece all'ova a a callarili: si radunavano lungo un pendio carichi di uova e facendole ruzzolare, ad uno ad uno, davano loro una direzione tale da toccare le altre uova senza rompere il proprio, mandandolo più lontano possibile. L' uovo che andava più lontano, vinceva tutti. Spesso ai bambini si univano anche gli adulti. Scuncugliati era l'appellativo per i perdenti da cogne, piccola conchiglia, nome dialettale del guscio.

Ancora oggi gli anziani, in molti borghi d'Abruzzo, coltivano la tradizione di giocare a schucchitte la mattina di Pasqua.

Etichetta

  • Riti della tradizione
  • Pasqua
Ultimo aggiornamento

19/03/2024, 15:28

Pubblicato da Laura Toppeta