Alla scoperta dei vitigni a bacca bianca abruzzesi
Gli incantevoli vigneti, in Abruzzo, occupano una superficie complessiva di circa 32.000 ha. In larga parte si tratta di vitigni autoctoni. Oltre al famoso Montepulciano d’Abruzzo (DOC e DOCG), declinato poi anche in vino rosato/cerasuolo, ve ne sono almeno cinque a bacca bianca che ben si abbinano ad alcuni piatti regionali.
Il più famoso (e diffuso) è il Trebbiano d’Abruzzo. Un vitigno in possesso di una buona acidità e per questo utilizzato anche per il taglio di altri uvaggi. Interessante la sua origine che risalirebbe al 1500 a.C. se non addirittura all’epoca romana. Con caratteristici profumi fruttati e floreali può dare grandi soddisfazioni se coltivato a basse rese e poi vinificato con attenzione da parte del vignaiolo. Un vino tendenzialmente longevo, di buona struttura e complessità. Uno degli abbinamenti più interessanti in tema di cucina regionale è senz’altro quello con il tacchino alla canzanese, che prende il nome da Canzano, antico borgo in provincia di Teramo. Viene servito freddo, assieme alla sua gelatina: il punto massimo di incontro, con il Trebbiano d’Abruzzo.
Non meno noto è il Pecorino d’Abruzzo. I documenti farebbero risalire le sue uve in Abruzzo alla seconda metà dell’’800 ma gli Statuti di Norcia addirittura al 1500. Sì, perché la sua diffusione copre anche le regioni limitrofe come l’Umbria. Fatto sta che negli anni ’80/’90 è stato reintrodotto principalmente in provincia di Chieti, Pescara e Teramo dove, a Controguerra, vi è l’unica DOC regionale. Il suo nome deriva dalle zone di coltivazione, battute anche dalla pastorizia e, pertanto, dalle pecore che spesso si nutrivano degli acini caduti dalle piante. Un vino che si caratterizza per una forte spinta minerale e acida, fruttato e balsamico al naso. Un abbinamento che può risultare interessante è rappresentato dalle tagliatelle fatte in casa, condite con funghi e scorzone nero estivo d’Abruzzo.
La Cococciola è meno diffusa delle altre uve a bacca bianca. Gli acini sono piuttosto grandi e i vigneti sono coltivati principalmente sulle colline teatine e in poche zone del teramano. Le origini sono tuttora incerte. Un vino con profumi fruttati, floreali ed erbacei. Al palato presenta un buon equilibrio tra acidità e mineralità, caratteristiche perfette per un abbinamento con il pesce crudo dell’Adriatico che bagna tutta la costa abruzzese.
Altro interessante vitigno a bacca bianca abruzzese è la Passerina, con una superficie vitata simile a quella della Cococciola. Profumi principalmente fruttati, intensi e ben marcati, richiamano la necessita di stapparlo almeno un’ora prima del consumo, per permettere di apprezzarne a pieno le caratteristiche olfattive. Si caratterizza difatti per una lenta capacità di accumulo degli zuccheri, non accompagnata da una proporzionale demolizione dell’acidità. Mantenendosi sui piatti della tradizione marinara, sarà interessante abbinarla a una frittura di paranza della Costa dei Trabocchi.
Infine un’uva presente in Abruzzo almeno dalla metà del 1800, il Montonico bianco. Inizialmente diffuso principalmente in provincia di Teramo, presenta una maturazione piuttosto tardiva rispetto alle altre uve a bacca bianca. I suoi profumi sono principalmente fruttati ma a volte anche speziati. La buona struttura del vino ottenuto con quest’uva si accompagnerà alla perfezione con una elaborazione di verdure piuttosto spinta. Parliamo dei pomodori e dei peperoni abruzzesi ripieni, portata che meriterebbe un capitolo a parte.
Cinque uve, cinque vini e cinque abbinamenti, tutti diversi tra loro ma convergenti in un territorio morfologicamente perfetto.
Non resta che degustarli tutti!
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